ROCCARASO PASSA, CAMPO FELICE APRE NELL’ AZZARDO DELLA PRIMA MANO DI POKER

Campofelice 24 1 2021
Domenica 24 gennaio,  si e’ regolarmente disputata, secondo programma,  la prima gara, delle quattro in calendario (ridotte poi a tre per i ben noti motivi restrittivi), valevoli per l’accesso alla finale di Coppa Italia, nelle due località abruzzesi di Roccaraso e Campo Felice. Un caloroso plauso va tributato al merito di  Mauriziaccio Paris, che, ad onta delle catostrofiche previsioni del tempo, ha avuto il coraggio di rischiare, confermando quanto programmato e la storia gli dà ragione. Si è dato così il battesimo al primo incontro di stagione sulla tostissima pista degli “Innamorati” (vedi foto a sinistra), sapientemente allestita in percorso di gara dal tracciatore Gennarino Di Stefano, disegnatore delle 37 porte, che da quota 1785 conducevano a quota 1535, distribuite tra il falso-piano iniziale e lo sprofondo del muro finale, graduato in gradoni sempre piu’ ripidi, man mano che si procede dal primo all’ultimo.

AGONISMO E COVID19

Macchione traccaito
Questo “vairus”maledetto, tanto per pronunziarlo alla Di Maio, ci ha completamente spaesati, da un anno circa lottiamo alla disperata ricerca di un centro di gravità permanente, giacché tutti i nostri riferimenti, sui quali la civiltà occidentale fondava la sua sicumera, sono venuti a mancare l’uno dopo l’altro, così ci siamo scoperti improvvisamente fragili, deprivati del controllo sulla realtà nella quale siamo immersi, abbiamo cominciato a percepirci quali creature fallaci, incapaci di annichilire sul nascere questa men che microscopica forma di entità, non definibile neppure come essere vivente, ma capace di introdursi nelle nostre cellule, per nutrirsi, replicarsi e farci del male, molto male.
Talvolta mi è sembrato di vivere in un film di fantascienza, una sorta di “back from the future”, rispedito per direttissima nell’età di Galileo, quando scienza e fede consumarono il loro definitivo divorzio: “vogliamo certezze” protestano le moltitudini e con questa rivendicazione dimenticano che il metodo scientifico si fonda sui dubbi, la ricerca scientifica brancola nel buio dell’ignoto e con ciò dimenticano che è la fede la madre di tutte le "certezze assolute".

IL NUOVO CHE AVANZA MA IL VECCHIO E’ SPERANZA

berardinone 
cerasa
Gianni Cerasa, con l’innocenza spaesata e spaesante di chi arriva tardi alla festa, dove non conosce il padrone di casa e chiede a chi gli sta intorno chi sia, come si chiama, sente parlare di Marco Bera e si chiede ma chi è costui?
Gianni, per capire, tu sarai Marco Bera.  Tu non lo sai, ma con Marco Bera ti stai disputando un posto in prima fila nella piccola storia dello sci meridionale. Certo tu te lo stai giocando con le tue carte, che sono la meticolosa organizzazione, la gioiosa puntigliosità della messa in atto di quanto programmi, l’entusiasmo che ti ha fatto traslocare festosamente tutti romani a Roccaraso in un’annata senza neve.
Bene, con te Marco Bera può condividere solo l’entusiasmo, perché quanto a capacità programmatiche, il nostro spiccava per la più disarmante inventiva inprovvisativa. Le ricognizioni di Bera? Si racchiudevano in questa candida formula volta a disvelare le insidie del percorso: ”uaglio’ questo è il punto chiave!” Per il resto solo istinto, intuito, piedi eccellenti è giù a tutta.
Marco in pista era immerso in se stesso, nella sua perfetta concentrazione che gli consentiva di improvvisare piuttosto che ripassare lo spartito. Me lo ricordo una volta a Calice di Vipiteno alla coppa Città di Bolzano, che io volevo portare con lui, molto più giovane di me, al C.U.S Napoli; sbagliò l’ingresso dalla stradina al vertiginoso muro che seguiva, chiunque si sarebbe disunito, tentando disperatamente di recuperare subito quota per evitare di accumulare ritardo su ritardo, lui invece niente, solo una smorfia di disappunto e poi di nuovo giù a palla senza scomporsi per arrivare secondo al traguardo.
Con Fabio Marino, in età giovanile, è stato il fenomeno che se la batteva con i migliori del Centro-Sud, tipo i romani Rebecchini, Marsaglia (papà di quello che oggi corre in coppa del Mondo), Spinelli (mi sembra che i Reale non erano ancora apparsi sulla scena), gli abetonesi Baiocco e company, per non dire che in qualche occasione se la battevano addirittura con Paolo De Chiesa. Marco e Fabio sono stati i primi napoletani a diventare allenatori, Berardinone martellava tutti in tutte le gare quaggiù, non ne lasciava una, era affetto da bulimia di primato. Però una virtù aveva sopra le altre, il suo senso della sobrietà, della compostezza, una volta, ancora bambino, al traguardo redarguì aspramente il padre Pallino, reo di aver esultato, alla caduta dell’avversario di turno, con un fragoroso : “ce l’amm mis ncul”, enfatizzato dal gesto dell’ombrello. Caro Gianni,come tu stesso hai detto, sei arrivato tardi, troppo tardi per conoscere al cancelletto di partenza uno dei più bravi e pittoreschi atleti che abbiano mai calcato la scena del nostro sci, ora Marco purtroppo non gareggia più, mal di schiena, una truppa di figli da seguire, gli allievi che lo aspettano, non ne può più, però stai sicuro che a tutte le gare che facciamo, prima o poi fa capolino e tu capisci che sa tutti i tempi di quelli dei suoi tempi.